Idee

Una nuova ciclabilità

Il sistema di piste ciclabili ideato da Zaccheo – che vedete nell’immagine – evidenzia un limite culturale: la bicicletta non è un mezzo di trasporto.

Le piste ciclabili proposte battono strade scarsamente trafficate e giardini. Sono sostanzialmente inutili perchè già facilmente ciclabili.
Non si punta a ridurre il traffico su gomma ma a dare un pizzico di qualità urbana ai ciclisti della domenica.

Mancano percorsi che uniscano direttamente centro e periferia – il centro e le direttrici più trafficate come corso Matteotti e viale Marconi sono ignorate – mentre servono scelte coraggiose.

L’uso delle due ruote per raggiungere il centro dai popolosi quartieri semi-periferici come pzza Moro, Obi, R6, via Ezio e Pontesilly potrebbe veramente migliorare la viabilità e la qualità dell’aria della città.

Ed inoltre si nota come il piano del traffico sia datato: scorrendo col mouse sulla pista ciclabile celeste, ci si accorge che essa termina alla vecchia Università Pontina, che ora non c’è più.


Visualizza Una scelta miope in una mappa di dimensioni maggiori

May 01 2011 | Ambiente and Idee and Politica and Viabilità | 2 Commenti »

Minoranze e Risorgimento

Su sollecitazione del buon J – reduce dalla lettura de “La Pasqua della Patria” – eccomi a scrivere ancora di Risorgimento e Liberazione.

J contesta la mia affermazione – o meglio chiede delucidazioni –  “una parte sempre maggiore della popolazione della penisola capì che non poteva esserci libertà senza unificazione, benché unificazione non significasse libertà”.

L’Europa ottocentesca restaurata dal Congresso di Vienna viene sconvolta da una serie di moti borghesi di ispirazione “nazionale”.  Allora il continente era diviso a metà:

  • da un lato stati nazionali unificati sotto una corona (Spagna, Portogallo, Francia, UK);

  • dall’altro stati multi-nazionali e piccoli principati (Impero Asburgico, Prussia, Russia, Stati italiani e tedeschi)

Negli stati multi-nazionali si acuivano le tensioni inter-etniche. Solo a Vienna facevano capo italiani, sloveni, croati, cechi, slovacchi, ungheresi, polacchi, ucraini e – secondo i censimenti asburgici che differenziavano le etnie in base alla lingua – anche gli ebrei che parlavano yiddish. Queste etnie non avevano scuole proprie. Si studiava prevalentemente in tedesco, con l’insegnamento di lingue e tradizioni popolari demandato agli istituti religiosi.

A fasi alterne ci furono aperture (e chiusure) verso organizzazioni culturali, teatri e circoli nazionali – periodicamente tacciate di “intelligenza col nemico”.

Le frequenti guerre causavano politiche di assimilazione operate dalle etnie dominanti: questo aumentava la voglia di autodeterminazione, del bisogno di riconoscersi nelle proprie tradizioni, riti, miti e lingue – e di poterli tramandare alle generazioni successive. Le élitè culturali di queste minoranze si adoperarono per promuovere la loro cultura tramite scritti e musica, dipinti e saggi. Pensiamo al Nabucco di Verdi o all’Epopea Slava di Mucha.

Perchè tutto ciò accade proprio l’800? La rivoluzione industriale, i primi quotidiani e la cultura sempre più diffusa aumentavano l’importanza della lingua. E col tempo italiani, polacchi e croati non volevano studiare solo in tedesco.

Inoltre il germe della Rivoluzione Francese s’era oramai diffuso grazie a Napoleone in tutto il continente, rendendo coscienti le masse della propria forza.

Riepilogando quindi: gli stati multinazionali scricchiolano sotto il peso delle varie etnie – di cui non riescono a farsi garanti. Iniziano quindi processi centrifughi che porteranno Austria, Russia e Impero Ottomano a sgretolarsi e lasciare spazio a nuovi stati nazionali (Italia, Serbia/Yugoslavia, Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, ..) dove ogni etnia può liberamente riconoscere i suoi costumi e tradizioni in una forma statuale, promulgando delle proprie leggi.

Il movimento risorgimentale, che ha portato prima alla trasformazione dell’Impero Asburgico in Austria-Ungheria e poi al suo definitivo crollo dopo nel 1918, non è altro che la manifestazione del bisogno delle persone di riconoscersi nelle proprie tradizioni, riti, miti e lingue – e di poterli studiare e tramandare alle generazioni successive.

E questo accade anche in Italia. Da prima dell’unificazione iniziarono le prime società culturali e scientifiche nella Penisola. E iniziava la voglia della borghesia di governi più democratici degli stati fantoccio legati a “Franza o Spagna”. Qui entra in scena il Piemonte, nel 1848, quando Carlo Alberto promulga lo Statuto.

In quel momento Torino si candida alla leadership fornendo non – solo – un esercito all’unificazione, ma un motivo per unificarsi. I Savoia hanno colto la palla al balzo – sfruttando il movimento risorgimentale – per annettersi lo stivale: ma se guardiamo la Luna e non il dito, ci accorgiamo che le libertà dello Statuto erano proprio quelle per cui molti decisero che valeva la pena morire.

Da una parte lo Statuto e il Piemonte – che in prospettiva permettevano la libera espressione della propria cultura, la possibilità di emanare leggi proprie,  la fine delle discriminazioni e dello Spielberg – dall’altra il tedesco forzoso, il trattamento coloniale, la repressione.

Se dimentichiamo il contesto ed il percorso che ha portato all’unificazione, e guardiamo all’Europa di oggi, potremmo anche pensare di fare a meno del 150° e della spedizione dei mille.

Ma questa Europa è figlia di quei popoli che sono cresciuti e che oggi – con molta difficoltà e qualche regressione – devono continuare a farlo.

April 27 2011 | Idee and Politica | 10 Commenti »

Sulla rappresentanza degli interessi particolari

Da tempo si discute nel PD sulla rappresentanza degli interessi particolari. Cacciari come Tramonti paventano e auspicano l ipotesi di un partito appenninico, e da fronti differenti accreditano questo alla incapacità di rappresentare interessi locali e particolari.

Vero è che in queste particolarità troviamo interessi spesso contrastanti: agricoltori alle prese con le quote latte, imprenditori del manifatturiero e del tessile, scuole parificate, tassisti, ordini professionali, partite iva.

A torto o a ragione, la sinistra per queste categorie ha sempre rappresentato uno spauracchio o – nella migliore delle ipotesi – una sciagura naturale come un alluvione o un temporale.

Le cause sono molteplici, ma credo che semplificando basti analizzarne due.

  1. L’eredità storica della lotta operaia: che vede nella borghesia ieri e nel lavoro autonomo oggi un nemico di classe sin dalla rivoluzione francese; questa analisi è legata quindi al plus valore, alla proprietà dei mezzi di produzione e della gestione del capitale.
  2. La composizione del tessuto sociale del secondo millennio dopo la globalizzazione.

La prima causa, ossia l’equazione imprenditore uguale sfruttatore, dovrebbe trovare soluzione nella legislazione fiscale. La progressivita’ delle aliquote e il diritto del lavoro dovrebbero estinguere quest “debito” originario.

Una politica di spesa sprecona e i disservizi delle istituzioni invece fanno si che gli imprenditori si sentano vessati mentre spesso i dipendenti non percepiscono un salario necessario a una vita dignitosa. In Italia – con un’economia prettamente statale e parastatale – si aggiungono i ritardi dei pagamenti delle amministrazioni verso le aziende fornitricipercepiti a torto dagli imprenditori come un esproprio proletario operato dalla sinistra anziché come una negligenza di uno stato inefficiente.

A fronte di questa vessazione fattuale, la politica ha però tollerato l’evasione fiscale come anestetico : il risultato è una diffusa illegalità e una sostanziale diseguaglianza negli attori del mercato. Lavoratori e imprese di Serie A e di Serie B. Tutelati tout-court e schiavi del nuovo millennio.

Affrontare seriamente questo tema vuol dire creare uno stato giusto. Verso i tutti i lavoratori e tutte le imprese, alle quali si richiede il rispetto delle norme e che una volta estinto il “debito sociale” – quale che sia l’entità decisa dallo stato – non devono essere vessate ulteriormente.

La seconda causa è quella più interessante, perché legata alla lacerazione della societa’ e del sistema produttivo che dobbiamo ricomporre. Lo sviluppo che ha migliorato la qualità della vita e limato le differenze sociali fino agli anni ’90 – anni d’oro per il  Socialismo Europeo –  si è allargato al resto del globo, lasciando lentamente la Vecchia Europa.  Da lì sono partiti gli scricchioli che hanno portato con le delocalizzazioni e la crescita delle importazioni low-cost dall’oriente i primi conflitti locali. Da lì si sono riaccesi i conflitti tra gli interessi particolari. Interessi particolari in conflitto significa che piccoli pezzi di paese remano in direzioni diverse. E in questo caso serve capire perché.

La ricomposizione passa per un’ idea di crescita e di sviluppo sostenibile e competitivo nel mercato globale:  il paese deve trovare il modo di agire insieme – come una nuova tribù durante una battuta di caccia. Tocca studiare dove quindi nascono e quali sono le ragioni degli interessi particolari e dei loro conflitti, capire quali sono legittime e quali invece mera ricerca di privilegi.

Sugli ordini professionali il partito ha da tempo preso posizione guardando al mondo anglo sassone e decidendo di chiudere col corporativismo. Sulle quote latte il discorso più complesso e parte dall’ evasione delle quote e dal rapporto costo benefici, passando dal la competizione tra allevatori che hanno rispettato le quote è quelli che invece non lo hanno fatto. Ma ben poco è stato fatto per governare o spiegare il meccanismo delle quote in un sistema agricolo che probabilmente non era pronto a competere in un sistema europeo ieri e globale oggi.

Sul manifatturiero c’e’ da capire le effettive necessità del settore e delle imprese, e cosa può essere fatto di utile nell’ottica di uno sviluppo sostenibile e che incentivi l’export e l’ innovazione.

Anche qui chi ha corteggiato queste categorie con soluzioni illusorie o temporanei sollievi dalla competizione globale è stato un po’ come un pusher che da’ al malato dosi sempre più forti di morfina senza pensare al momento del risveglio.

Compito di un partito non è di essere il citofono delle categorie, ma di aiutarle ad elaborare soluzioni efficienti che funzionino nel sistema globale. Dialogare e spiegare , accogliendo critiche e suggerimenti, ed emendando anche le proprie posizioni.

Le quali però non possono che rientrare in un quadro organico, che è la strada da  percorrere per uscire dalla crisi e dare ai nostri figli un paese migliore.

April 12 2011 | Eventi and Idee and Sviluppo | Commenta per primo! »

Su chi ricadono i costi della crisi

Questo articolo del Nobel Paul Krugman sul NYT spiega bene perchè sono tendenzialmente contrario – nel nostro caso – alla svalutazione della moneta per recuperare competitività.

Krugman, che parte da una visione euroscettica per spiegare l’importanza mondale di un Euro stabile, ripercorre i passi della creazione dell’Euro, dalla CECA all’unione monetaria. Spiega poi i vantaggi e svantaggi dell’avere un’unica moneta confrontando $ ed € .

Questo estratto chiarisce il dato di fatto economico:

“E’ storicamente dimostrato che i lavoratori sono più propensi ad accettare un taglio di stipendio tramite una svalutazione della moneta piuttosto che in busta paga.”

E poi

“Nella crisi irlandese, dopo 2 anni di disoccupazione i salari sono scesi del 5%, mentre nel ’93 è bastato un’attimo per ridurli del 10% svalutando la moneta rispetto al marco tedesco”

Immaginiamo quindi l’Italia fuori dall’Euro:

  • col petrolio e le materie prime sempre più costosi per la domanda dei paesi emergenti,
  • il Belpaese poco produttivo compete svalutando la lira e ritrovandosi la benzina a 5.000£ al litro e col costo degli alimenti infiammato dal prezzo del greggio.

Uno scenario più Argentino che europeo.

January 16 2011 | Idee and Sviluppo | Commenta per primo! »

Sull’attentato di Alessandria d’Egitto

Disclaimer: questo articolo contiene considerazioni pericolose per la salute ;e non ha pretese di attendibilità e validità. Siete liberi di commentarle e vilipenderle.

La bomba che ha ucciso iltre 20 cristiani ad Alessandria d’Egitto ha riportato alla luce i conflitti sopiti in medioriente e le conseguenze fallimentari dell’azione in Iraq e Afghanistan.

L’obiettivo dei gruppi terroristi è spostare il conflitto nelle società. L’odio e la paura sono le loro armi.

Non so se la reazione dei copti e le immagini dei disordini avvenuti durante le successive proteste facessero anch’esse parte della strategia qaedista. Comunque sono stato un ulteriore regalo per gli attentatori.

Come lo è la continua politicizzazione dei problemi culturali, di chi specula squallidamente su queste tragedie nella speranza di accattare qualche voto in più.

Radicalizzare lo scontro riesce facile perché in molti leader occidentali questi  “cattivi maestri” trovano una spalla strepitosa. E stanno erodendo i piedi d’argilla delle autarchie laiche di molti paesi moderati, come Egitto e Siria, ed anche di democrazie consolidate come quella di Ankara.

E devo dire che stavolta concordo pienamente col Papa: «Davanti a questa strategia di violenze […] incoraggio le comunità ecclesiali a perseverare nella fede e nella testimonianza di non violenza che ci viene dal Vangelo»

Non si può pensare di porre fine a questi conflitti senza eliminare le fonti in cui si alimentano.

Le guerre di Bush hanno portato milioni di profughi sulle sponde del Mediterraneo e – insieme alla questione palestinese – sono state l’humus per un revanchismo islamista utile al reclutamento di nuovi terroristi.

Per Iraq e Afghanistan ci sono ben poche speranze a breve termine. Guardiamo quindi – fiduciosi e scettici insieme – a Gerusalemme, da dove non arrivano affatto buone notizie…

January 09 2011 | Idee and Politica | Commenta per primo! »

Tu vuo’ fa’ l’americano…

“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.

Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane.

Si costruiscono baracche nelle periferie.

Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.

Si presentano in due e cercano una stanza ad uso cucina.

Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.

Parlano lingue incomprensibili, forse antichi dialetti.

Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, spesso

davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni

lamentosi e petulanti.

Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.

Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.

Le nostre donne li evitano sia perché sono poco attraenti e selvatici

sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano

dal lavoro.

I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto,

non hanno saputo selezionare tra coloro che

entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di

espedienti o, addirittura, attività criminali.”

*Ottobre 1912. Ispettorato dell’Immigrazione del Congresso degli Stati

Uniti d’America. RELAZIONE SUGLI IMMIGRATI ITALIANI.*

May 22 2009 | Idee | 1 Commento »

Per esempio, a me piace il sud

16 agosto 2007,

Tre giorni a Ginosa Marina a casa del buon Mimmo, vicino Metaponto. Dalla statale si vedono le Tavole Palatine – tempio della scuola di Archimede.

Mare bellissimo e acqua bollente, spiaggia larga grazie ad una pineta che preserva la duna – a differenza della super-erosione che affligge l’abusato litorale pontino.

La sera movida fino alle tre nelle strade strette gremite di gente e di biciclette – le auto che si avventurano nel centro vanno avanti a passo d’uomo con qualche carosello di fricchettoni.

La scommessa per Ginosa è un turismo di qualità, che oltre le villette costruisca qualche parcheggio e allarghi le strade.

Che pianifichi la crescita e preservi il territorio senza farsi prendere la mano dai soldi facili – che hanno distrutto il litorale di Latina, ormai buono solo per qualche famiglia che vuole sfuggire dalla marcovaldesca Ostia.

August 16 2007 | Idee | Commenta per primo! »

Parcheggiare contromano

http://www.robertopolli.it/doc/parcheggio_via_priverno_sensiunici.jpgOgni giorno esco dal parcheggione di Via Priverno e trovo qualcuno che, imboccando il percorso contromano, costringe me e la eventuale fila ad improbabili retromarce.

Ad indicare il senso di marcia sono rimaste *solo* le strisce del parcheggio – che con un po’ di buonsenso dovrebbero bastare ad indicare la retta via.

Riuscirà il comune a mettere un paio di segnali?

Intanto metto qui la mia proposta…

June 16 2007 | Idee and Viabilità | 4 Commenti »

Sviluppare Innovazione – 21Maggio h.18.30 2007

Lunedì farò per la prima volta da moderatore ad un incontro del partito. “Sviluppare Innovazione” Comune, Università, Impresa per uno sviluppo tecnologico della città.

Nel 93 la destra del sindaco Finestra ha progettato uno sviluppo lillipuziano, basato su una banca locale, delle terme (mai finite), una filiale universitaria, un’intermodale che perde mezzo milione di euro all’anno.
Il sindaco attuale, in sella dal 2002, ha invece puntato tutto sulla speculazione edilizia, e make-up urbano, senza un’idea coerente di città.

A Latina la criminalità organizzata guadagna terreno, molte famiglie vivono un’emergenza abitativa, le grandi fabbriche chiudono mentre aprono nuove finanziarie. Nel polo farmaceutico non si fa ricerca ma solo produzione.

L’università continua ad essere la sorella sfigata della Sapienza romana, dove le facoltà – in particolare Economia, Medicina – sono spesso il parcheggio dei figli dei professionisti della provincia.

Per vincere la sfida dello sviluppo serve che Latina elabori una strategia sulle nuove tecnologie. La vicinanza con Roma, un territorio pianeggiante e facilmente dotabile di infrastrutture, la rendono un posto ottimale per concentrare nuove energie e coltivare nuove imprese. (continua)

May 21 2007 | Documenti DS and Idee | Commenta per primo! »

La cultura è per tutti?

Gli eventi finanziati dalle Circoscrizioni e dal Comune non tengono conto dell’accessibilità: i diversamente abili infatti sono spesso tagliati fuori da queste iniziative – tornei sportivi, sfilate, concerti e proiezioni cinematografiche – e al più considerati da qualche programma di recupero scolastico e/o formativo.

Si ragiona ancora in un ottica di ghetto, al quale riservare le briciole, presenziando magari all’inaugurazione dell’evento in questione. Altro invece è inserire un criterio di accessibilità negli eventi finanziati: si dica quindi che se sono fatte con dei soldi pubblici, le proiezioni devono essere sottotitolate, che i tornei sportivi devono quanto più possibile prevedere anche giocatori diversamente abili, e così via.

Fantascienza? Utopia? Dipende noi!

May 06 2007 | Idee | 3 Commenti »

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