Notizie per April 27th, 2011

Minoranze e Risorgimento

Su sollecitazione del buon J – reduce dalla lettura de “La Pasqua della Patria” – eccomi a scrivere ancora di Risorgimento e Liberazione.

J contesta la mia affermazione – o meglio chiede delucidazioni –  “una parte sempre maggiore della popolazione della penisola capì che non poteva esserci libertà senza unificazione, benché unificazione non significasse libertà”.

L’Europa ottocentesca restaurata dal Congresso di Vienna viene sconvolta da una serie di moti borghesi di ispirazione “nazionale”.  Allora il continente era diviso a metà:

  • da un lato stati nazionali unificati sotto una corona (Spagna, Portogallo, Francia, UK);

  • dall’altro stati multi-nazionali e piccoli principati (Impero Asburgico, Prussia, Russia, Stati italiani e tedeschi)

Negli stati multi-nazionali si acuivano le tensioni inter-etniche. Solo a Vienna facevano capo italiani, sloveni, croati, cechi, slovacchi, ungheresi, polacchi, ucraini e – secondo i censimenti asburgici che differenziavano le etnie in base alla lingua – anche gli ebrei che parlavano yiddish. Queste etnie non avevano scuole proprie. Si studiava prevalentemente in tedesco, con l’insegnamento di lingue e tradizioni popolari demandato agli istituti religiosi.

A fasi alterne ci furono aperture (e chiusure) verso organizzazioni culturali, teatri e circoli nazionali – periodicamente tacciate di “intelligenza col nemico”.

Le frequenti guerre causavano politiche di assimilazione operate dalle etnie dominanti: questo aumentava la voglia di autodeterminazione, del bisogno di riconoscersi nelle proprie tradizioni, riti, miti e lingue – e di poterli tramandare alle generazioni successive. Le élitè culturali di queste minoranze si adoperarono per promuovere la loro cultura tramite scritti e musica, dipinti e saggi. Pensiamo al Nabucco di Verdi o all’Epopea Slava di Mucha.

Perchè tutto ciò accade proprio l’800? La rivoluzione industriale, i primi quotidiani e la cultura sempre più diffusa aumentavano l’importanza della lingua. E col tempo italiani, polacchi e croati non volevano studiare solo in tedesco.

Inoltre il germe della Rivoluzione Francese s’era oramai diffuso grazie a Napoleone in tutto il continente, rendendo coscienti le masse della propria forza.

Riepilogando quindi: gli stati multinazionali scricchiolano sotto il peso delle varie etnie – di cui non riescono a farsi garanti. Iniziano quindi processi centrifughi che porteranno Austria, Russia e Impero Ottomano a sgretolarsi e lasciare spazio a nuovi stati nazionali (Italia, Serbia/Yugoslavia, Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, ..) dove ogni etnia può liberamente riconoscere i suoi costumi e tradizioni in una forma statuale, promulgando delle proprie leggi.

Il movimento risorgimentale, che ha portato prima alla trasformazione dell’Impero Asburgico in Austria-Ungheria e poi al suo definitivo crollo dopo nel 1918, non è altro che la manifestazione del bisogno delle persone di riconoscersi nelle proprie tradizioni, riti, miti e lingue – e di poterli studiare e tramandare alle generazioni successive.

E questo accade anche in Italia. Da prima dell’unificazione iniziarono le prime società culturali e scientifiche nella Penisola. E iniziava la voglia della borghesia di governi più democratici degli stati fantoccio legati a “Franza o Spagna”. Qui entra in scena il Piemonte, nel 1848, quando Carlo Alberto promulga lo Statuto.

In quel momento Torino si candida alla leadership fornendo non – solo – un esercito all’unificazione, ma un motivo per unificarsi. I Savoia hanno colto la palla al balzo – sfruttando il movimento risorgimentale – per annettersi lo stivale: ma se guardiamo la Luna e non il dito, ci accorgiamo che le libertà dello Statuto erano proprio quelle per cui molti decisero che valeva la pena morire.

Da una parte lo Statuto e il Piemonte – che in prospettiva permettevano la libera espressione della propria cultura, la possibilità di emanare leggi proprie,  la fine delle discriminazioni e dello Spielberg – dall’altra il tedesco forzoso, il trattamento coloniale, la repressione.

Se dimentichiamo il contesto ed il percorso che ha portato all’unificazione, e guardiamo all’Europa di oggi, potremmo anche pensare di fare a meno del 150° e della spedizione dei mille.

Ma questa Europa è figlia di quei popoli che sono cresciuti e che oggi – con molta difficoltà e qualche regressione – devono continuare a farlo.

April 27 2011 | Idee and Politica | 10 Commenti »